La moda usa e getta, la produzione e il consumo frettoloso di abiti contribuiscono, ogni anno, all’inquinamento di un ambiente che, invece, dovrebbe essere protetto. A questo scopo, a livello europeo sono state ultimamente validate nuove normative come l'EPR. Analizziamo insieme che cos'è e l'impatto che questa politica potrebbero avere sul settore della moda.
La fast fashion ha raddoppiato, dalla metà degli anni 2000, la produzione di abiti nel mondo. Allo stesso tempo, la durata media di utilizzo dei nostri capi sta velocemente diminuendo, portando quindi ad un considerevole aumento nella generazione di rifiuti tessili. Un europeo compra in media 26 chili di vestiti ogni anno e ne getta via 11 chili. Questi numeri hanno reso l’industria moda tra le più inquinanti al mondo e si stima che in Europa il consumo di abbigliamento entro il 2030 aumenterà del 60% circa.
Di fronte al crescente numero di rifiuti tessili i governi hanno varato una direttiva europea che si basa sul concetto di EPR.
EPR - COS'È E PER COSA NASCE
"Extended producer responsibility" (EPR) o, in italiano, "responsabilità estesa del produttore", si fonda sostanzialmente sul principio di “chi inquina paga”. Nello specifico, si tratta di una politica ambientale per la quale il produttore di un bene è responsabile anche per la fase post-consumo, ovvero per la sua gestione una volta diventato rifiuto. Al produttore viene data, quindi, una significativa responsabilità, dal punto di vista finanziario e etico, per il trattamento e lo smaltimento dei prodotti al termine del loro ciclo di vita.
"Extended producer responsibility" (EPR), o "responsabilità estesa del produttore", si fonda sul semplice principio di 'chi inquina paga'.
Il termine è stato coniato per la prima volta nel 1990 da un professore svedese, Thomas Lindhqvist, il quale ha presentato al ministero svedese dell’ambiente l’idea per cui i produttori siano essi stessi responsabili dei beni da loro prodotti. Il primo esempio di EPR è arrivato in Germania nel 1991 quando vi è stata l’introduzione di un sistema duale per la raccolta dei rifiuti degli imballagi.
Nel 2001, poi, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) ha pubblicato un manuale di orientamento per i governi sulla responsabilità estesa del produttore. Tramite questa iniziativa, l'OECD stesso ha inteso quindi spostare definitivamente la responsabilità dai governi nazionali alle aziende primarie, promuovendo politiche ambientali che ripartiscono la responsabilità sulle varie fasi del ciclo di vita del prodotto e, specialmente, al ritiro, recupero e smaltimento finale.
EPR NEL SETTORE MODA
Pur essendosi inizialmente focalizzati su altri tipi di settori (come apparecchiature elettriche ed elettroniche, carta, imballaggi, lampadine, batterie, ecc.), il 1° gennaio 2007 la Francia, vero e proprio pioniere su questo tema, ha introdotto il principio dell' "EPR" anche per i prodotti tessili, la biancheria per la casa e le calzature.
Dal 1° gennaio 2022, la Legge francese "anti-rifiuti per un'economia circolare", vieta alle aziende tessili la distruzione dei prodotti invenduti.
Lo stesso governo francese, il 1° gennaio 2022, implementa la famosa "Legge anti-rifiuti per un'economia circolare", comunemente chiamata legge “AGEC”, ritenendo i produttori, e i venditori terzi, responsabili dell'intero ciclo di vita dei loro prodotti. Pertanto, vietando la distruzione dei prodotti invenduti, la legge mira a dare ai prodotti un secondo ciclo di vita attraverso il riutilizzo, il riciclaggio e l'upcycling.
I produttori o gli importatori di prodotti CLF (abbigliamento, biancheria e calzature) devono istituire un proprio programma di raccolta e riciclaggio ufficialmente accreditato. Se non in grado di organizzare un proprio sistema di collezione di questi rifiuti, i produttori sono obbligati a registrarsi presso un sistema di ritiro accreditato. Una splendida iniziativa che, nel marzo 2022, la Strategia della Commissione per i Tessili Sostenibili e Circolari ha proposto di estendere a tutti i Paesi europei: schemi obbligatori di EPR per i tessili per aiutare a prevenire i rifiuti della "fast fashion".
CONCLUSIONE
Assegnare tale responsabilità ai produttori fornisce incentivi per prevenire i rifiuti alla fonte e per promuovere la progettazione di prodotti più adatti al riutilizzo. Questa direttiva, infatti, potrebbe migliorare la qualità del prodotto, avendo quindi un impatto diretto sulla lunghezza del suo ciclo di vita, così come potrebbe portare alla riduzione dell’uso di sostanze tossiche durante la produzione di beni usa e getta e difficili poi da smaltire. I produttori sono quindi, finalmente, incoraggiati a migliorare l’impatto ambientale relativo ad ognuno dei loro prodotti a catalogo e a ripensare la loro intera supply chain.
Per concludere quindi, speriamo che l’attuazione di queste norme nel mondo della moda possa, non soltanto, ridurre la quantità di rifiuti generati dalle singole persone e aziende, ma che sia anche un definitivo incentivo al mercato per favorire l’utilizzo di materiali facilmente riciclabili/riutilizzabili e a basso impatto ambientale.
Come sempre, la partita si giocherà sul piano dell'attuazione di queste norme. Saranno in grado le aziende tessili a fare fronte a questi cambiamenti? Come molti altri casi ci hanno insegnato, una sana e costruttiva cooperazione tra le entità pubbliche e private sarà fondamentale per rendere reale quanto discusso nelle camere di governo europeo.